su: I Trasformati (Domenico Balestrieri)                                         

 

Testo originale Taduzione  

 

Nell'Accademia dei Trasformati, che aveva tenuto la sua prima riunione nel 1743, Balestrieri fu praticamente uno dei fondatori e partecipò a molte esercitazioni poetiche a tema predeterminato, detti appunto «accademie». Tra questi ricorderemo quella sul Decadimento delle lettere(1753) e quella su L'osteria (1760). Della prima riportiamo alcuni versi critici contro gli Arcadi, che tutto continuavano a vedere in termini naIf di pecore, capre, pastori e pastorelle, e contro i petrarchisti ridotti a un piagnucolio ben lontano dalla lirica vigorosa del caposcuola.....Claudio Beretta

 

Hin sti dò class de ciarlatan poetta

i Petrarchista e i Arcad; e sappiee

che l'ha reson la Frusta del Baretta,

che hin bonapart copista per mestee;

parabolàn, che droeuven la rezzetta

de serviss di rezzett del temp indree.

Trovand insci costor la suppa fada

no dan via che menestra rescoldada.

Sti Petrarchista hin tucc a ona manera!

Tucc voeuren lamentass de gamba sana!

La soa dea, siel poeù vera o no siel vera,

già l'ha d'ess ona tigra in forma umana.

Chi ha la motria, chi i doeuj, chi se despera,

chi è gelos, chi è tradii, chi ha la mattana.

 Hìn pienn sti rimm d’amor, de guaj,

            de rogn,

I hin sti poetta tanc martin taccogn.

Ora domandi mi: qual sarà mai

El cararatter fettiv ciarlatanesch?

Se nò l'è quel! de sti seccastrivaj,

pastrugnador e scimbi petrarchesch?

Para, voltia, messeda, e tocca, e daj,

coì solet fras no fan che di grottesch!

L'è propri tutta fava a chi le menna,

e l'è semper l'istessa cantilenna.

I ciarlatan d’Arcadia hin inscì anch lor!

Hìn tucc o pegoree o boviroeù;

coi ziffol e i ghitarr se fan onor,

e, a credegh, canten come rossignoeu.

No parlen che de lacc, castegn, erb, fior,

de grott, gabann, bosch, praa, vign, camp e

            broeu,

e de vacch,  e de pegor, e de caver:           

freggiur de no ess guarii gnanch de san Maver.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono queste due classi di poeti ciarlatani

quelle dei Petrarchisti e degli Arcadi; e

sappiate che ha ragione la Frusta del Baretti,

che in buona parte sono copisti per mestiere;

parabolani, che adoperano la ricetta di

servirsi delle ricette del tempo addietro.

Trovando così costoro la zuppa fatta non

danno via altro che minestra riscaldata.

Questi Petrarchisti sono tutti di una maniera!

Tutti vogliono lamentarsi di gamba sana!

La loro dea, sia poi vero o non vero, già ha

da essere una tigre in forma umana: chi ha

il muso lungo, chi le doglie, chi si dispera,

chi è geloso, chi è tradito, chi ha la mattana.

Tutte queste rime sono piene d'amore, di guai,

          di fastidi

e tutti questi poeti sono tanti piagnucoloni.

Ora domando io: quale sarà mai

il carattere effettivo ciarlatanesco se non

quello di questi seccastivali pasticcioni

e scimmie petrarchesche? Prepara, rivolta,

mescola e tocca e dalli con le solite frasi

non fanno che del grottesco! È proprio

tutta fava a chi la rimescola ed è

sempre la stessa cantilena.

I ciarlatani d'Arcadia sono così anche loro!

Sono tutti o pecorai o bovari, con gli zufoli

e le chitarre si fanno onore e, a credergli,

cantano come usignoli.

Non parlano che di latte, castagne, erbe,

fiori, di grotte, capanne, boschi, prati, vigne, campi e

                 orti,

e di vacche e di pecore e di capre:

freddure da non esserne guariti neanche da San Mauro.

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