L'ultima osteria (Dino Gabiazzi)
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Testo originale | Traduzione | |
L'ultima osteria (4 dicembre 1971)
Se va denter de sbiess,
Son settaa.
Veggiaria sui mur:
Vuj provà: duu ne spongi |
L'ultima osteria (4 dicembre 1971)
Si entra di traverso, uno per volta, per la porta minuta: scaletta che scende in cantina. Tavelle consunte, malconce, arcate di mattoni e lucerne a petrolio di una volta. Tra il fumo l’oste rigira l’agnello nel forno a legna.
Sono seduto. Pasta e ceci, tovagliolo rammendato. e sorseggio vino bianco.
Anticaglie sui muri: attaccapanni e vecchie pentole di rame, e ragnatele sulle bottiglie del millenovecento… chi lo sa? Gente che sbocconcella e bighellona, che cerca di vivere, senza ridere, senza piangere. E mi dico che forse…
Voglio provare: due ne pungo col coltello di Caino per l’agnello… Non c’è sangue. Restano fermi. Immobili. … sono le dieci della sera. Il boccale di vino bianco è vuoto. File di reste d’aglio e pannocchie di granoturco in libertà pendono dal soffitto. L’osteria tace: aria stantia, nebulosa. Sulle tovaglie macchie di vino e briciole. Su uno sgabello, un bottone di qualcuno che comincia a disfarsi. … e vien l’ora. Si esce, di traverso. Poca luce: un camposanto. Ombre si nascondono nell’ombra. Spariscono… Se ci ripenso, quel bottone era il mio. |
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