Attorna a Porta
Volta
(Mario Comolli)
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Testo originale | Traduzione | |
Attorna a Porta Volta (quand mì s'era on bagaj)
In del Borgh de fraa Condutt,
Foo in agost cinquantott ann
Porta Volta, sul vial;
Se giugava a guardi e lader
Dent in cort, su la rizzada,
A quij temp, in primavera,
La domenega i ringher,
El Camagn l'era el nòst Motta,
Sul vial de Porta Volta
Gh'era el fòss in su i bastion
La gh'è pù la
montagnètta
Propi adoss al cimiteri
Lì vesin, duu tramvaj negher.
Ostari'a del Magon.
S'giccherlin de via Farin,
Te sbanfavet come on matt
Giarditt publich, i bastion.
Gh'era el Peder Ghitarron
Gh'era el
Guast in via Legnan
Francaa al mur con la cordetta
A metaa cors Garibald
Pussee avanti gh'era, poeu,
Gh'era i carr cont i cavaj,
Sott i stangh d'ona carretta
Ghe n'è an'mò de sti argoment |
Attorno a Porta Volta (quando ero bambino)
Nel borgo di frate Condotto, quello uscito dalla porta sull'asinello rovina-tutto giusto al tempo di Carlo Porta, ho bevuto il primo goccio di latte: sono nato nel borgo degli ortolani.
Faccio in agosto cinquantotto anni e non sono vecchio d'ammazzare, non sono poi un contaballe; ascoltate dunque! Voglio cantare qualcuno dei miei ricordi con la lira ... senza corde.
Porta Volta, sul viale; case modeste, grandi come un paese, con in fianco un vecchio fanale come c'era al numero sei: li accendeva il lampionaio (anche questo era un mestiere).
Si giocava a guardie e ladri nel cortile del numero sei - oppure a palla – e i nostri padri, già tirati su tutte le spese, ci mollavano scapaccioni per le scarpe che si erano rotte!
Dentro il cortile, sull'acciottolato, si correva come pazzi e per fare una marachella giù a battere all'uscio del ciabattino. E che poco rispetto con le mattonelle del vecchio Semenza!
A quei tempi, in primavera, compariva nelle nostre case un contadino, una capra nera che erano proprio da ammirare: si beveva nella tazzina schiuma e latte ogni mattina.
La domenica le ringhiere, con l'arrivo dell'organetto, trasformavamo in "balere" e in maglietta o con le ciabatte si ballava un valzerino gettando nel cortile un nichelino.
Il Camagni era il nostro Motta, più avanti, al numero nove: una pasta mezza rotta, dolci raffermi con dentro l'uovo si acquistavano alla rinfusa ... (Per dieci centesimi quante briciole!).
Sul viale di Porta Volta - diventato viale Montello – a metà c'era una curva corta e cieca come un budello: la via Càgari, e ancora adesso, c'è chi dice che era un cesso.
C'era il fosso sui bastioni con le pietre delle lavandaie; povere donne! In ginocchio - la visione pare di ieri – a fregare montagne di panni tutto il giorno per poco guadagno.
Non c'è più la "montagnetta" ma c'è ancora il Monumentale; quanti morti hanno la casetta! Che cimitero ... residenziale! (Quando i ricchi, nell'aldilà, fanno ancora i padroni di casa).
Proprio accanto al cimitero c'erano prati, orti e campi coltivati e un casolare, pieno di misteri, del settecento, ancora in piedi: è l'antica Simonetta. (Sparite le vigne della Lovetta).
Lì vicino, due tram neri. Con partenza in via Cenisio cominciava il poco allegro ultimo viaggio in Paradiso: trasportavano a Musocco corteo e morto tutto in un blocco.
Osteria del Magone. Il riposo era una scusa per scolarsi un bottiglione dopo aver riempito la fossa; era il "Grazie" dei congiunti agli amici e conoscenti.
Stantuffino di via Farini, brianzolo Gamba di Legno, con il fumo del tuo comignolo che sulle case lasciava il segno, ti rivedo pieno di gente sotto il Ponte della Sorgente.
Ansimavi come un matto per tre dita di dislivello, sembravi un baco da seta con le fiamme nel cervello, poi un bello scatto, un colpo di
reni... e a passo d'uomo...Cioff, cioffl
Denn, denn! Giardini pubblici, i bastioni. A mezzogiomo, quando c'è una festa, i soldati di guamigione partono tutti con lancia in resta: flirtare con le servette che stanno lì fin verso le sette. C'era il Pietro Ghitarrone che nei cortili del vecchio Milano "abbaiava" una canzone (Erano sordi gli accalappiacani?) Un sempliciotto, un poveraccio, come lui non si è più visto. C'era il Guasto in via Legnano pieno di case con la ringhiera, con i
ladri svelti di mano e le ragazze, ona fila, che battevano i bastioni con i lenoni agli angoli. Affrancate sul muro con la cordicina c'erano Iscarpe dei bottegai, che nel Guasto, una viuzza, erano tutti calzolai: c'erano scarpe per mezza Milano appese come polli nostrani. A metà corso Garibaldi da ragazzo andavo a caccia con dieci soldi tenuti ben saldi, dal Gigi del castagnaccio che aveva un bottegone quasi messo sull'angolo. Più avanti c'era, poi, l'oratorio San Luigi dove andavo da ragazzo perchè li c'erano le radici di mio padre, uomo di fede, di stampo vecchio come non se ne
vedono più. C'erano i carri con i cavalli, biciclette
pesanti venti chili, a piedi nudi c'erano i bambini, i barconi sui navigli, c'era al cinema
Leda Gys e
Ridolini. Sotto le stanghe di un carretto si vedevano anche i cristiani, per le strade c'era l'arrotino e le facce nere degli stagnini, taxi rossi, tram limone e a Milano due o tre terroni. Ce ne sono ancora di questi argomenti ma nel mio solaio dei ricordi, dentro la mente, non posso più muovere nemmeno i piedi... E' troppo pieno di cianfrusaglie di quando io ero ragazzo. |
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