Cecilia
(da "I Promessi Sposi"di Alessandro Manzoni") Illustrazione di Alberto Schiavii
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Versione milanese | Traduzione del testo milanese | ||
E da quell uss gh'è vegnuu innanz 'na sciora In brascia la gh'aveva ona tosetta L'andava vers el carr come sorada Vun de quij trii monatt, quell men odios, "Mettila sora el carr inscì 'me l'è, Quell el s'è miss la man dessora el coeur Finii d'avè parlaa l'è andada in cà; Pareven tucc e dò come duu fior: |
E da quell'uscio si è fatta innanzi una donna Tra le braccia aveva una bambina Andava verso il carro senza fiato Uno di quei tre monatti, quello meno odioso, "Mettetela sopra il carro così com'è, Quello ha posato la mano sopra il cuore Dopo aver parlato è andata in casa; Sembravano due fiori: |
Commento al testo originale (a cura di Guido Bezzola)
Celeberrimo episodio, pausa lirica nella descrizione della peste e, insieme, celebrazione della dignità e degli affetti umani pur nella peggiore delle morti. Nella madre di Cecilia avverti un'eco dell'amore di Ermengarda e del suo abbandonarsi al volere di Dio senza cedere, se non morendo, alla ferocia del mondo. Si noti la frequenza della ripetizione binaria degli aggettivi, cara al Manzoni che tanti esempi ne aveva trovato in Virgilio, e si noti insieme l'estrema intensità dei sentimenti che vivono e vibrano nella breve scena, passando dall'autore ai personaggi al lettore non distratto e non prevenuto, attraverso una notazione prosastica serrata e perfetta come una partitura musicale (i valori ritmici e musicali della prosa manzoniana sono costantemente altissimi anche se non sempre avvertibili a prima lettura). Non sappiamo nulla del'aspetto fisico della madre o della bimba (l'unica nota di colore è data da quel "vestito bianchissimo" da cui esce "una manina bianca a guisa di cera"): eppure poche presenze ci hanno colpito con maggior realtà.
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