Requiem per Sant'Ambrogio
Orgia:
la fiera di Sant’Ambrogio
è un’orgia.
Ho contato milioni
di inutili oggetti
ninnoli, soprammobili, orecchini,
là dove espongono
le loro pipe di terracotta
gli spettri del ‘68
e, sulla calca ondeggiante,
si allunga la falce di una mezzaluna.
Mostra dell’antiquariato
fiera del libro usato
e oltraggio all’abusata
pazienza della città.
Ho contato milioni
di frittelle e di frutti canditi,
di caramelle e di porchette
avvolgere maleodoranti
le vetuste Sante venerate pietre
trasformate nell’epicentro
dell’immane vorticante oscenità.
Il Santo giù nella cripta
oh, perché non risorge
dall’argentea urna?!
Il teschio lucido
per la conservante vernice
pare che sudi,
il venerato teschio pare che soffra.
Oh, Milano
il pulviscolo asfissiante dorato come
"the Goldfinger’s kiss of death"
sempre più t’avvolge,
sempre più ti ricopre.
Oh bei! Oh bei!
Oh bei giorni antichi
nella polvere del tempo dissolti,
nella fuliggine del carbone
depositata sulle tegole,
persi nella fragranza di notti di nebbia.
Nella cenere lì sul fondo
della vecchia stufa di ghisa
fra la cenere ho rimestato
alla ricerca dei bei giorni rinnegati
di santa decorosa povertà.
Ora di opulenza viver crediamo
e nell’opulenza della morte
ognuno di noi soccomberà.
Oh Milano! Pur cara,
devotamente amata mia città!
Per te la distruzione invoco
come eutanasia
della metropolitana società.
E sulla piazza su tutte le antiche
e, per la memoria,
gementi gloriose piazze
un esercito di ruspe
bulldozer e caterpillar invoco,
che la luccicante e pur ributtante
perniciosa crosta rimossa
una discarica ricolmino di ninnoli e
mostruosi giochi e rigurgitate cibarie
così fino a formare un monte
che detto sarà
il sacro monte della civiltà.
Accadrà? No, per ora non accadrà,
ma molto presto e pur troppo tardi
le Tavole spezzate Mosè nel dolore
giù dal Sinai scaglierà.
E così giunto Natale
di pensar m’accade
come fatica sia
e doloroso una nascita
ancora una volta festeggiare
così dalla morte circondati.
Eppure anche quest’anno
un Bambino per tutti noi
nascere vorrà.
E nella Notte Santa
volto lo sguardo
alle illuminate vetrate,
da cui il coro degli osanna
come il canto di sopravvissuti
si leverà,
e poi volto il viso alle finestre buie
piegato dall’indifferenza
della solitudine e dell’infelicità
il mio passo irrequieto
nella strada deserta si fermerà.
E nella notte che si farà di gelo
il mio cuore nella notte...
... il mio cuore tremerà.
Anonimo