La parabola del Natal (Graziano Pastori)
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Testo originale | Traduzione | |
La parabola del Natal 1944 (Natale del tempo di guerra)
Casa de sfollament, là inscì in Brianza; fa frecc, ma el sentom nò, semm suefaa: dodes gradi in cusina, zero in stanza; temp gris, dessora i tecc gris de Cabiaa; nebbia de frecc, ma fùmen i camin che el moment del paccett l'è ormai vesin.
Miseria quasi de per tutt; però
Nun semm content. La
truscia la mia donna
La mia tosétta,
vìscora 'me on pess,
E se mèttom a tavola tutt content.
Ma intanta che semm 'dree a tajà el gallett,
El va, el ven, el plana, el gira, el torna,
Dervi el cricchett di véder. El gallett
Ma intanta che nun màngiom, vaa che orchestra!
Finii el bombardament, finii el gallett.
Eppur...felici nun che semm chì insemma!
Quanti dolor sconduu sotta sti tecc
1945 (Natale dell'immediato dopoguerra)
L'è el primm Natal de pas, semm a Milan.
Però a bon cunt in mezz al corridor
L'è quindes dì che vegni a casa a pee
Hoo vorsuu toeu de tutt senza guardà
Antipast assortii, patè, sardinn,
compraa in Vial Monza al numer vintises
Che bell Natal! Ma prima de mangià,
1960 (Natale degli anni del consumismo)
El seguita a sonà quel campanell! Gh'è pù de pas, gh'è minga remission! E tutti i volt l'è on omm o on garzonell ch'el porta on vas de fior, o on panatton, o cassett de licor, o robb d'argent, o vin o ciccolatt o on accident!
Che vaga in su la forca anca i regai!
Domandi mì se perchè l'è Natal
Son chì che gh'hoo de scriv,
porco sciampin,
Pensà che se doveva anca andà via,
La gh'ha giamò tuttcoss, come se fa?
De gionta, 'me se quest fuss minga assee
In strada se pò nanca pù girà,
................
L'è mezzanott. Se pizza in de la gesa
Preghi. Signor, che te m'hee daa el cervell |
La parabola del Natale 1944 (Natale del tempo di guerra)
Casa da sfollati, là in Brianza; fa freddo, ma non lo sentiamo, siamo abituati: dodici gradi in cucina, zero in camera; tempo grigio, sopra i tetti grigi di Cabiate; nebbia da freddo, ma fumano i camini dal momento che il pasto è vicino.
Miseria quasi dovunque; però qualcosa di buono sul fuoco certamente ce l’hanno tutti; al di fuori della tessera. Ci sono poi i borsaneristi – farabutti – che mangeranno forse da scoppiare, chiusi dentro al caldo, come dei pascià!
Noi siamo contenti. Mia moglie si impegna a preparare la pasta fatta in casa; sul fuoco a rosolare c’è roba buona! C’è un bel galletto questa volta, da mangiare! E l’abbiamo allevato noi, nella stia, del pollaio che ho fatto io sulla ringhiera!
La mia bambina, vispa come un pesce, gioca con i balocchi: sa chi è Gesù Bambino e in tempi come questi sa che se ila gerla è piccola non è colpa di nessuno, è per la guerra che strazia e sconvolge tutta la terra.
E ci mettiamo a tavola tutti contenti. Abbiamo due fette di prosciutto (una rarità) che mi hanno regalato alcuni parenti, le tagliatelle fatte in casa (una bontà) ci sono due dita di vino, c’è il buon umore, la pace e il bene, proprio tutto quel che occorre!
Ma mentre stiamo tagliando il galletto, un bamba di un velivolo americano comincia a ronzare nel cielo; questo disgraziato prosegue un pezzetto verso Milano, poi svolta, torna indietro, viene a girare proprio qui, sopra ai tetti delle nostre case.
Va, viene, plana, gira, torna, passa su Ceriano (la polveriera); è lì che vuole picchiare; le gira attorno, poi sgancia una bomba. Che maniera! Proprio il giorno di Natale? Proprio a mezzogiorno? Con tanti luoghi che ci sono, proprio qui?
Apro il cricchetto della finestra. Il galletto è già sui piatti tagliato tutti a tocchetti: è magro come un picco, ma non sia mai detto che non lo si gusti, che con quei quattro soldi che corrono in questi tempi, è prelibato; un portata come questa non l’abbiamo mai mangiata!
Ma mentre mangiamo, senti che orchestra! fioccano le bombe sopra la polveriera, e a ogni bomba che scoppia la finestra si spalanca, per cui devo saltare in piedi a chiuderla, tanto che alla fine del pasto non ne posso più.
Finito il bombardamento, finito il galletto. Con la fame trascurata di questi tempi è andata proprio male; non ci voleva questo contrattempo, neppure mangiare un po’ in pace questo nostro cappone di un Natale che è senza panettone!
Eppure… felici noi che siamo qui insieme! Siamo tutti e tre sani, siamo magri ma contenti. In quante case saranno in apprensione per qualcuno che manca, oppure morente; forse un disperso, o forse un prigioniero che nessuno sa se un giorno ritornerà!
Quanti dolori nascosti sotto questi tetti che fumano nel cielo grigio di Natale! e quanta povera gente patirà il freddo e soffrirà in prigione o all’ospedale per lo scannarsi l’un l’altro della gente! Ma il Bambino, dunque, è nato per niente?
1945 (Natale dell'immediato dopoguerra)
È il primo Natale di pace, siamo a Milano. È spento il calorifero, ma pazienza! Ho dato disposizioni: per oggi e domani la stufa deve andare di prepotenza, legna e carbone non si debbono lesinare, in questi giorni deve essere scaldata tutta la casa.
Però in ogni caso in mezzo al corridoio ho sistemato un baracchino con un tendone per non disperdere quel po' di calore fin giù in fondo; dietro l’angolo della cucina deve entrare nel tinello dove è preparato il nostro pranzetto.
Sono quindici giorni che torno a casa a piedi lentamente per guardare le vetrine, piene di dolci, di frutta, di giocattoli, di ogni cosa; ci sono persino i festoni di salame, di zampetti, di mascarpone, e i pasticceri… hanno esposto il panettone!
Ho voluto acquistare di tutto senza curarmi di spendere poco o tanto. Finalmente, dopo tanto digiuno, tanto lottare con poco in tasca e col tesseramento, se oggi si respira, corpo di Bacco, voglio proprio tirarmi un po’ su lo stomachino!
Antipasti assortiti, paté, sardine, ravioli col brodo di carne, capponcino con contorno di mostarda e insalatina; il tutto innaffiato con un vinello tenuto da parte tanti anni in un angolo; e infine… il panettone! Il panettone
acquistato in viale Monza al numero ventisei dal Vergani; un bel panettoncino (mezzo chilo in tutto perché non sia di peso allo stomaco non più allenato) che è poi quello che fa maggiormente Natale, ed è tanto buono che solo ad annusarlo fa venire nostalgia!
Che bel Natale! Ma prima di mangiare, venite miei cari, venite qui un momento vicino al presepe, venite qui a pregare! Gesù Bambino, è ormai finito il tormento la guerra è passata e noi siamo qui tutti e tre ancora insieme, e Ti ringraziamo!
1960 (Natale degli anni del consumismo)
Continua a suonare quel campanello! Non c’è più pace, non c’è remissione! E ogni volta è un uomo o un garzone che porta un vaso di fiori, o un panettone, o cassette di liquori, o oggetti d’argento, o vino o cioccolato o un accidente!
Vadano sulla forca anche i regali! Non se ne può più, c’è già la casa piena, e non si sa neppure più come sistemarli. Ci vorrebbe un ventre di balena per mandar giù tutto quello che mi hanno mandato, e lo stomaco è già in rivolta!
Mi chiedo se perché è Natale si debba fare per forza indigestione! Ditemi come si fa a non star male ad avere lì in fila dodici panettoni; e se penso agli zamponi ed ai cotechini guarda, io non dormo più neppure di notte!
Sono qui per scrivere, accidenti, per ringraziare, trecento biglietti almeno! Ma chi ha inventat gli auguri? Qualche cretino! Sarà, d’accordo, tutta gente che mi vuole bene, ma c’è bisogno di scrivere? Non è sufficiente pensarmi e risparmiare tempo e soldi?
E pensare che si doveva anche partire, ed io non l'ho voluto per stare tranquillo! Ma l’anno prossimo… un posto qualunque, ma fuori dai piedi! Intanto sono già le sette e devo ancora andare ad acquistare il regalo per la figlia, e devo ancora sceglierlo!
Ha già tutto, come si fa? Bisogna rompersi la testa, tastare il terreno per scoprire che cosa possa desiderare, quando si deve fare un regalo, si deve farlo bene, consultarsi con gli amici e con i parenti, e poi non se ne ricava niente!
Per di più, come se ciò non bastasse grazie all’atmosfera che c’è in casa, la moglie ha tanto di broncio, perchè invece di essere in montagna a sciare, deve correre e trottare come un villano per preparare il gran pranzo di domani!
Per la strada non si può neppure più girare, ci vuole un’ora per fare un pezzettino, e poi non trovi da parcheggiare, e c’è il vigile lì pronto con il tagliandino, e nei negozi? Puoi essere contento se non prendi pugni per entrare!
................
È mezzanotte. Si accende in chiesa la grande stella che pende dal soffitto; incomincia l’organo a suonare a distesa, e cantano i cantori come angioletti. Sono lì schiacciato in mezzo a tanta gente, ma non li vedo neppure, non sento più niente.
Prego. Signore, che mi hai dato il cervello per capire che non capisco un bel niente, fa come vuoi, Natale è sempre bello; e sono giunto qui arrabbiato, stanotte mi metto quieto, e in Te cerco riparo… Com’era bello il Natale, quando eravamo poveri! |
bámba | stupido |
bellee | giocattolo, gingillo |
boeugna | bisogna |
cantón | angolo |
codegòtt | cotechini |
giambón | prosciutto |
linghéra | ballatoio, balcone |
liron-lirela | lentamente, pigramente |
malerbett | maledetto, disgraziato |
masaraa-giò | innaffiato |
offellee | pasticceri |
paccett | pranzetto |
pìdria | piva, luna |
porco sciampin | corpo di bacco |
sandalinn | festoni, striscioni |
suefaa | abituati, assuefatti |
toeu | comprare |
tosétta | bambina |
truscia | sgobba, darsi da fare |
usmall | sentirne l'odore |
vìscora | vispa,arzilla |
zampett (sciampètt) | zampone |
Commento
Questa trilogia mette in luce la sensibilità dell'autore nei confronti dei valori autentici e la sua fede profonda
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