Augusto Banfi
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Il signore che vedete nella foto - che dai 50 anni in poi ha scritto poesie in un gran bel milanese - si è fatto un'autobiografia in quartine, intitolata, molto umilmente, Sottvos, che potrete piacevolmente leggere passando alle sue opere pubblicate. Converrete con me che ha la faccia (detto alla meneghina) di un simpaticone, ma se ne ha la conferma leggendo le sue poesie.
Nella precedente biografia (allora lo conoscevo poco e ho dovuto fidarmi di quanto letto in giro) avevo detto che aveva avuto i natali a Vimercate. Invece ora ho letto Sottvos e ho conosciuto suo figlio Giulio che mi ha dato del suo papà le notizie esatte.
Augusto Banfi nasce a Milano, in via San Maurilio, il 13 giugno 1896 e solo negli anni '40 si trasferisce a Vimercate, dove resterà sino alla sua morte che avviene il 31 dicembre 1985, all'età di 89 anni. Come avrete letto diventa ingegnere meccanico al Politecnico per professione, ma la sua propensione è per le scienze umanistiche, tanto è vero che ama e si dedica all'astronomia, è un latinista, al punto che, ad esempio, per sopperire alla non conoscenza della lingua tedesca, quando deve conversare con i tedeschi, lo fa parlando in latino.
A Vimercate si era trasferito, sfollando durante i bombardamenti, ma contemporaneamente anche Luigi Medici, che già il Banfi conosceva, per la stessa ragione era sfollato nella sua casa, la "Ciosetta" di Trezzo sull'Adda e così i due poterono intensificare gli incontri dai quali probabilmente è anche potuta scaturire la vena poetica del Banfi.
Negli anni '60 il poeta diventa socio della Associazione Amici della Brianza, il cui presidente era un altro grande poeta: Alberto Airoldi, milanese di Erba (bisogna proprio che prima o poi parli anche di lui! NdR) ed è attraverso questa associazione che esce la prima edizione (1966) del volumetto che raccoglie i suoi versi «Quatter freguj de poesia» (Edizioni Licinium, Erba 1966 con prefazione di Cesare Mainardi).
Una seconda edizione del volumetto, ampliata con testi letterali italiani a fronte, sempre da lui scritti, è stata realizzata in proprio negli anni '80, con l'aiuto del già presentato figlio Giulio, che oggi è nonno di ben sei nipotini.
Ma c'è un'ultima cosa che vorrei raccontarvi, perchè è tanto commovente. La vedete la copertina del libro che appare, in misura ridotta, sulla destra del nome dell'Autore? Ebbene, la quercia, quella quercia era nel giardino della casa di Vimercate e il poeta la ammirava guardando dalla finestra del suo studio e la amava perchè quella quercia era nata da una ghianda piantata dalla sorella maggiore Angiola Maria che allora aveva 5 anni, aiutata dal papà Ing. Giuseppe Banfi. Purtroppo Angiola Maria era di salute cagionevole e morì nel 1951, lasciando un grande vuoto nell'animo del poeta. Il quale dedicò alla quercia la poesia che forse ha più amato: La poesia del bosch in d'ona pianta poesia che spero di poter leggere io stessa e poi pubblicare.
Scritti sull'Autore Scrive Cesare Mainardi nella prefazione al volumetto "...Il Banfi dimostra di conoscere assai bene il dialetto e lo usa con assoluta sicurezza anche se talvolta si serve di termini non frequenti nella nostra parlata attuale e che derivano dalla vena brianzola che serpeggia nel suo lessico. Ma parecchie di queste parole non strettamente cittadine mi sembrano recuperabili con profitto dal nostro vernacolo che tende sempre più ad isterilirsi... ...Delle sue poesie io amo Ottober del primm Nouevcent, La Madonna de la Zerioeula, I galitt. Vi alita quel soffio di poesia lieve ma reale, fugace ma sensibile, che mi fanno iscrivere il nome di Augusto Banfi nel ristretto elenco dei poeti veri... |
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