Ada Lauzi
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da: (L’Informazione, quotidiano indipendente, 9 dicembre 1994 a cura di Adele Host) Ada Lauzi, che parla il dialetto di ringhiera, ha ricevuto un attestato durante l’ultima edizione degli “Ambrogini”. Il riconoscimento alla milanesità. Racconta il suo rapporto con la Milano delle tradizioni ADA LAUZI, una donna minuta dai capelli d’argento, stretta nel giorno degli Ambrogini, in un maglioncino di lana rosa confetto, una camicetta di pizzo candido, un filo di perle, gli occhi un po’ lucidi. Si commuove, la signora Ada, poetessa dialettale della Vecchia Milano, nel raccontarci il suo passato nella sala tutta stucchi di Palazzo Marino. Ce lo dipinge con parsimonia, dando a ogni parola un significato, attingendo spesso per tratteggiare la sua città cont el coeur in man al vocabolario milanese. E sono parole immediate, talvolta taglienti,, sempre evocative. Parole di una donna che della tradizione della sua città ha fatto tesoro. Poetssa sin da bambina, dal 1983 Ada conduce, ogni martedì dalle 12.30 alle 13.15 dai microfoni di Radio Meneghina, una curiosa trasmissione: lezioni di grammatica, letteratura, esercizi, proverbi e detti milanesi. La sua passione. Premiata ieri mattina a Palazzo Marino, con un attestato di benemerenza. Dialetto e tradizioni sotto l’ombra della Madonnina, come
si è scoperta custode di questo patrimonio? Genitori lombardi, ma non milanesi, la strada come
palestra per l’apprendimento di una lingua, come mai? Quali sono i luoghi della vecchia Milano che conserva con
maggiore affetto nella memoria? Poesie, ritratti della vita ambrosiana: quali sono i
modelli di Ada Lauzi’ Che cosa legge nel suo tempo libero? Ada Lauzi madre e nonna. Ha insegnato il dialetto ai suoi
figli e ai suoi nipotini? Radio Meneghina, undici anni di lezioni di grammatica e
letteratura, esercizi, proverbi e detti in milanese. E’ una trasmissione
seguita la Sua? Ada, mentre ancora ci sta parlando, allunga lo sguardo verso l’ingresso del salotto dei premi di Palazzo Marino. S’interrompe. E alza una mano. Il sindaco? Qualche personaggio illustre? «Ma no – ribatte con un sorriso –E’ mio figlio, con mia nuora. Non scrivetelo, perché mi vergogno un po’ a mettere in piazza i sentimenti, ma a loro voglio un bene dell’anima...». Ada, aspettando che i parenti le si stringano attorno, ci confida ancora qualche suo segreto, passi di una vita non sempre facile. Il sindaco con gli assessori prendono posto sul palchetto d’onore. Ada si congeda. Commossa? «Si, un pochettino sono commossa. Non capita tutti i giorni di essere in Comune. E’ solo un attestato, ma mi sarà consegnato dalla mia città. E questo, per me che a Milano sono nata e cresciuta, è molto importante. Più dei 5 premi di poesia che ho vinto in questi ultimi anni». I suoi libri:
Scritti sull'Autore
L’amisa della poesia,
Prevalentemente poesia,
certo. ma anche, se capita, pagine di teatro, classici della letteratura
milanese, e magari non milanese, ma tradotti egregiamente nella lingua del
Porta. Ricordi in prosa, poesia e musica di personaggi che hanno costruito
l’imponente edificio (o anche, soltanto, vi hanno aggiunto un umile prezioso
mattone) della cultura meneghina. E l’officiante del rito, che puntualmente –
da anni – si celebra un lunedì di ogni santo mese che c’è in terra, la custode
di questi valori, severa con sé stessa non meno che con gli altri, è “lei”.Si stacca dal ponte di comando
(il tavolo dove sono allineati, come soldatini pronti alla battaglia, i
fogli del programma nella sequenza giusta) e si avvicina allo stelo con il
piglio deciso della resgiora che, armata di mestolo forato, si accosta
alla pentola del lesso per schiumarlo; poi, regolarmente, quando ci è arrivata,
si blocca alzando gli occhi al cielo e, con un gesto di comica disperazione,
indica con le dita unite il microfono rimasto all’altezza di chi l’ha preceduta
nel programma, ossia un bel metro più in alto della bisogna. Eccola, Ada Lauzi,
l’”amisa della poesia” per definizione, la protagonista, “vittima”
delle distrazioni dei suoi comprimari,
con i quali si alterna: poesie, canzoni, qualche scenetta, una spartana “riffa”
che conclude il palinsesto. Simpatica, sicuramente. Se si trattasse di
qualunque altra, concluderemmo che l’è ona bella sagoma, fin de la
trasmission e bònna nòtt ai sonador. E sarebbe un errore
enorme. Anche perché la trasmissione di Ada Lauzi, non solo non finisce,
ma si moltiplica in tante “trasmissioni” – reali e metaforiche – del mondo
poetico, letterario e culturale del nòst Milan. Dai microfoni di Radio
Meneghina, dove ogni venerdì si diffonde la sua voce che recita poesie,
ripropone filastrocche note o dimenticate, fa sentire e ricordare gli accenti
veri (e, vivaddio, giusti!) della lingua milanese, con un aproccio che
fonde la semplicità della “vicina di casa” con il rigore dell’insegnante,
l’umanità che è soltanto sua con l’umorismo nostrano, che è di tutti coloro che
l’ascoltano. Sì, perché Ada Lauzi ha i suoi “aficionados” irriducibili, che
rinuncerebbero a qualsiasi cosa pur di non perdere ciò che Ada “trasmette”; al
teatro della Parrocchia di San Cipriano, ogni terzo lunedì del mese, alle
15.30, il venerdì pomeriggio in Radio Meneghina, nelle sue raccolte poetiche,
in ogni occasione in cui sia annunciato un suo intervento. Non pensi però, chi la
conoscesse superficialmente, che si tratti di una specie di Madre Teresa di
Calcutta della poesia milanese; tutt’altro. Il personaggio non è di tutto
riposo. Si accende facilmente, quando assegna pagelle è temibile (e, infatti, è
temuta) e lascia scorgere a tratti un orgoglio di tempra adamantina e a qualche
lumacone potrebbe persino sembrare che abbia un cattivo carattere. Si dice
sempre così di coloro che hanno un carattere; ma quando sorride lascia
anche intuire – come in un lampo, fugace ma abbagliente – la “fanciullina
pascoliana” che non l’ha mai abbandonata e che è la fonte prima e più autentica
della sua poesia; che è poesia autentica; ma è capace di forti commozioni al
ricordo di un’amica perduta o al ricordo della bambola della propria infanzia,
al cospetto del quale gli occhi le diventano randi e luminosi come allora; ma
sa vedere la poesia, con senso infallibile, là dove realmente si trova, anche
nella prosa di un racconto di Giovannino Guareschi; e questo è uno dei segni
più evidenti, perché solo un vero poeta – anche se non avesse ancora scritto un
verso – sa apprezzare la vera poesia. Ada sa vedere la poesia nella musica di
Nino Rossi; per questo la piccola grande donna della poesia di casa nostra
vuole che la voce di Franca Fumagalli e la fisarmonica di Pinuccio Arosio le
facciano costantemente da corona. Forse per un segno del destino, porta il nome
della nostra massima poetessa in lingua e, tra i viventi, quella di Ada Lauzi è
una delle pochissime voci (le dita di una sola mano avanzano) che meritano di
restare nelle antologie. Non mi riferisco soltanto alla maestria tecnica, che
pure è importante, ma che si può imparare: i suoi endecasillabi sono
endecasillabi, i suoi settenari sono settenari, la sua ortografia milanese
deriva realmente da “scrivere dritto”, in un panorama dove si leggono cose da
far pensare che derivi da orto (di rape, probabilmente). Queste cose
sono condizione necessaria per fare poesia, ma non sufficiente. Per fare
“poesia”, occorre trasmettere, appunto, qualcosa di più e di diverso dalla
bravura tecnica: il poeta ci fa sentire ciò che da soli non sentiremmo, ci fa
vedere ciò che da soli non vedremmo, ci lascia attoniti, con un solo verso, che
ci risuona dentro per ore, come una campana d’argento o come un annuncio di verità.
E allora si capiscono alcune cose: per esempio che non è tanto Ada ad essere
“amica della poesia”, ma è la Poesia che ha cercato l’amicizia di Ada Lauzi e
lei, dopo averci pensato un po’ (è un’esperta in “analisi dell’amicizia”)
ha deciso di ricambiarla. “Non è infatti un compito semplice presentare ai lettori una poetessa della personalità di Ada Lauzi, perché la sua posizione, in rapporto con la letteratura milanese contemporanea, merita qualche particolare osservazione. Innanzitutto siamo di fronte ad una forma poetica squisitamente sonora, musicalmente addolcita dalla scelta, indubbiamente costante della quartina, forma metrica molto adatta, quando l’endecasillabo è scorrevole, a far risaltare il ritmo armonico del componimento. Ho parlato di scelta indubbiamente costante perché nella lusinghiera produzione della Lauzi abbiamo più di una ventina di liriche trattate in quartine di endecasillabi a rima alternata, circostanza che imprime al carattere dell’autrice una tendenza naturale e spontanea, particolarmente adatta ale attitudini del dialetto, alla qualità degli argomenti, alla spighliatezza della narrativa, alla incisività delle osservazioni, alla spiritualità dei commenti, alla freschezza di una presentazione prettamente ambrosiana nello spirito e nella forma. Ed è anche naturale osservare come questa forma metrica sia congeniale alla Lauzi sotto il riflersso di un bisogno musicale sentito, permeato ed applicato al nostro dialetto con una abilità particolare e tale da far scomparire, o almeno non comparire quelle, sia pur rare, asperità proprie della nostra parlata. La Lauzi infatti fa del nostro dialetto una parlata felice, canora, scorrevole e spesso anche squisitamente gentile; convinta e ben preparata a questa forma ha indubbiasmente preso l’avvio da una sensibilità derivata da uno sguardo alla poesia in lingua alla ricerca di quel mezzo che più si adattasse ad accontentarla nella sua ricerca di armonia. Bisogna convenire che la nostra Lauzi sa ben maneggiare il dialetto, e nei suoi endecasillabi si può adagiare con soddisfazione il nostro senso estetico anche il più raffinato. Quanto alla personalità artistica essa appare chiarissima dalla sua produzione. La sua spiccata facoltà di narrativa le permette di trattare l’argomento con quella disinvoltura che giova in modo determinante al risultato finakle di effetto sul pensiero e sul cuore del lettore; un lettore che vada naturalmente alla ricerca di sensazioni nostre, proprie del carattere del popolo ambrosiano, e da individuare nella profonda tradizione dei nostri sentimenti. Nella Lauzi non vi è nulla di tentato, di studiato, di modernizzato. Ella sfugge ogni preparazione programmatica e scrive come sente col suo spirito di milanese autentica, con grande dignità e col cuore in mano. Attraverso le vicende fruga nell’animo proprio per acquisire sensazioni che, servendosi dei suoi versi sonori trasmette a coloro che sentono o che leggono le sue poesie. Possiamo quindi, dopo quanto ho creduto di esprimere, collocare la Lauzi tra i poeti tradizionali, squisitamente milanesi nello spirito, genuino e sincero, e con una particolare tendenza alla incisività delle immagini, ben inquadrate in versi scorrevoli, sonori, spontanei, dove la rima fluisce senza sforzi e dove la musica delle parole dona al nostro dialetto una sonorità gaia e carezzevole. Da tutto ciò scaturisce un senso di quieta e spontanea commozione, onde la lettura delle liriche della Lauzi costituisce uno svago pensoso, misto di piacevoli stati d’animo, frutto naturale del saper pensare, scrivere e poetare nella lingua pura dei nostri padri.” «Poetta se nass»..., di Claudio Beretta (ha forse bisogno di presentazione?) Milan, el primm de april del 1980La vena de Ada Lauzi l’è genuina, la sbilza foeura, come la dis anca lee, de la soa esperienza de tosa, de dòna, de mader e anca de sabetta e l’è ona vena «correnta, averta e ciara». El sò merit l’è quest: che in del trebuleri d’ona generazion come la nòstra,. che la sa pù doe trà ‘l coo per vegninn foeura, lee la resta taccadaa a la famiglia, a la carità, a l’amor, senza tradì la soa musa, i sò «humiles myricae» doe butten i sentiment pussee bei. «Scrittor se diventa»...sabettà in poesia l’è per la nòstra Ada ona necessità natural, come ‘l respir; ma l’ispirazion l’è minga assee, bisògna vess bon de tirà foeura come se dev quell che gh’è denter e rispettà anca la metrica. E inscì la Ada la s’è fada sù i manich, l’ha studiaa, limaa, correggiuu, confrontaa cont i esempi pussee nobil de la letteratura meneghina e el resultaa l’è chì; ona serie de poesii dove el sentiment l’è tutt’una cont el vers e con la rima, in on stil sempliz e s’ciasser (genuino), senza scrizz (stridori). Grazie, donca, a la nostra scrittora, e compliment! E speremm che la soa vena e la soa volontà vaghen avanti a insegnamm che la pas e la felicità butten semper in doe batt on coeur bon e sincer. |
POEMETTI SONETTILa gh'ha duu ann
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